
Materiali biodegradabili:
Acido polilattico.

Il PLA e la Plastica
La plastica è un materiale sintetico derivato dal petrolio ed è stata progettata nel passato per resistere alla degradazione. L’esperimento riuscì e si arrivò ad un tempo di decomposizione in compostaggio di circa 1000 anni. Oggi però l’obiettivo è un altro rispetto al passato: creare una plastica resistente alla degradazione ma 100% naturale. Nacquero così le “bioplastiche” che sono composte principalmente da farina o amido di mais, grano o altri cereali. Oltre ad essere biodegradabili (in accordo con la Norma Europea En 13432 e con i programmi di certificazione rilasciati da primari enti internazionali), hanno il pregio di non rendere sterile il terreno sul quale vengono depositate. La bioplastica, dopo l’uso, consente di ricavare concime fertilizzante da prodotti come biopiatti, biobicchieri, bioposate, e di impiegarlo per l’agricoltura. Infatti oggi si ha la necessità di realizzare composti che abbiano la necessaria funzionalità durante l’utilizzo, ma che si disintegrino velocemente e completamente. Inoltre, è molto importante che i prodotti della disintegrazione non siano tossici e non persistano nell’ambiente, ma siano completamente assimilati, sotto forma di cibo, dai microrganismi del suolo in tempi ben definiti. Alla luce di questa necessità una classe di materiali relativamente nuova sembra competere bene con le plastiche tradizionali derivate dal petrolio: le bioplastiche.

Bicchieri in PLA
Le bioplastiche sono polimeri realizzati dall’uomo utilizzando materie prime rinnovabili quali oli vegetali e amidi e molte di esse sono biodegradabili e compostabili. Ad essere precisi, anche le plastiche basate sul petrolio tecnicamente sono biodegradabili, nel senso che possono essere degradate dai microrganismi in determinate condizioni, ma ciò avviene in tempi talmente lunghi da essere considerate non-biodegradabili.
Le bioplastiche biodegradabili sono utilizzate per articoli usa e getta, come imballaggi e articoli per ‘catering’, per sacchetti di rifiuti umidi, che possano quindi essere compostati insieme ai residui di cibo o rifiuti ‘verdi’.
Inoltre molti vassoi e contenitori per frutta, verdura, uova e carne, bottiglie per bibite e latte, pellicole trasparenti per frutta e verdura sono fatte di bioplastica.

Ma una domanda può sorgere spontanea: Perché scegliere di utilizzare la Bioplastica?
Ecco alcuni motivi validi che devono portarci a scegliere questo materiale:
È un’alternativa a riciclaggio e reimpiego senza compiti ulteriori per i consumatori: i rifiuti bio teoricamente possono essere depositati tutti in discarica, data la loro rapida biodegradabilità. L’impatto ambientale di tale scelta di smaltimento è inferiore sia alla termovalorizzazione di rifiuti BIO, sia al compostaggio, in termini di energia richiesta ed emissioni dei processi.
La compressione dei rifiuti per ridurne la densità volumetrica richiede 5-10 minuti per tonnellata di rifiuti (poca energia) ed ha emissioni zero (la pressione dei rifiuti non è un processo chimico, ma meccanico; non genera fumi).
Riduce gli oneri di gestione dei rifiuti nel caso in cui i materiali bio inizino a sostituire vetro, plastiche e rifiuti riciclabili; ovvero nel caso in cui produttori di generi alimentari utilizzino materiali bio per gli imballaggi e i produttori di plastiche immettano in commercio plastiche biodegradabili. Ciò consente di diminuire i contenitori dei rifiuti sul territorio (eliminando quelli di carta, vetro e materiale plastico) e i costi logistici di deposito (i rifiuti caricati periodicamente da un camion per la carta, uno per le plastiche, ecc., verrebbero caricati “quotidianamente” insieme a tutti gli altri), sarebbe necessario un sovradimensionamento della capacità di contenitori dei rifiuti e camion per il loro trasporto.
Biodegradabilità e decomposizione naturale in un tempo breve.
Producibilità di concime in quanto la sostanza è fertilizzante. Ad esempio, la frazione umida dei rifiuti casalinghi può essere raccolta in sacchetti di bioplastica, e messa in compostiera.
Minori emissioni di fumi tossici nel caso di incenerimento.
Igiene dei contenitori alimentari: in particolare le bevande corrodono col trascorrere del tempo parti della confezione e assorbono sostanze nocive di cui è composto il contenitore (ad esempio, acqua minerale col PET, bibite in lattina). Per questo motivo (evitare il contatto con le sostanze del contenitore), più che per una scadenza della bevanda, è prevista una data di scadenza delle confezioni; nel caso di contenitori bio, nel caso peggiore la bevanda assorbirebbe degli amidi, sostanze non tossiche, che le toglierebbero sapore senza creare però pericoli di intossicazione.
In Italia, l’igiene dei contenitori alimentari è regolata dalla legge (Direttiva Europea 2002/72 con relativi emendamenti, Regolamento 1935/2004 e altri). In base alle leggi citate, ogni materiale plastico che viene messo in contatto con gli alimenti viene previamente sottoposto a test che ne determinano l’idoneità all’uso. In particolare i componenti delle plastiche usate nel confezionamento degli alimenti devono essere approvati dalla Direzione Generale per la salute dei consumatori dell’Unione Europea e inserite in apposite liste. Esistono limiti per la trasmissione di sostanze agli alimenti, correlati alla natura chimica delle sostanze stesse, che non possono essere superati. Anche le bioplastiche contengono additivi, modificanti e coadiuvanti di processo, che possono essere trasmessi agli alimenti, presenti in quantità tali da non render gli alimenti pericolosi o inaccettabili dal punto di vista del gusto.
Prima di andare avanti cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su alcuni concetti fondamentali.

Plastiche degradabili
Questo è il termine più generale. Include le plastiche che degradano per cause sia fisiche che biologiche (luce del sole, calore o azione microbica). Le cosiddette plastiche ossodegradabili (es. degradazione accelerata da catalizzatori o additivi ad elevata temperatura) o fotodegradabili possono causare problemi ambientali. Tali degradazioni sono responsabili della formazione di piccoli frammenti che inquinano il compost, il terreno o l’ambiente marino. Infatti questi materiali non degradano velocemente come le plastiche compostabili e lasciano piccoli frammenti nel suolo: questi frammenti hanno un’elevata area superficiale e possono fungere da trasportatori di sostanze tossiche nell’ambiente, fino all’acqua da tavola.

Plastiche biodegradabili
Sono plastiche che vengono completamente assimilate dai microrganismi presenti nel sistema di smaltimento come cibo per la loro energia (entrano nella catena alimentare microbica). Questa completa assimilazione microbica è misurata dalla conversione totale del carbonio presente in anidride carbonica (CO2).

Plastiche compostabili
Oltre ad essere biodegradabili per effetto di microrganismi, le plastiche compostabili devono anche obbedire a un fattore tempo. Questi materiali biodegradano in una compostiera industriale in meno di 180 giorni. Compostiera industriale significa: temperatura costante di 60°C, umidità controllata e presenza di microrganismi. Le plastiche compostabili non rilasciano frammenti che persistono oltre le 12 settimane nel residuo, non contengono metalli pesanti né tossine e sostengono la vita delle piante.

Esempi di bioplastiche
La plastiche a base d’amido costituiscono circa il 50% del mercato delle bioplastiche. L’amido puro ha proprietà ben differenti dalle plastiche e assorbe facilmente umidità; perciò esso è trattato con additivi particolari, quali glicerina e sorbitolo, che hanno il merito di cambiare le caratteristiche della materia prima e adeguarla a bisogni specifici, mantenendone però la biodegradabilità.
Il produttore italiano di plastica a base d’amido è Novamont; il suo prodotto è noto con il nome commerciale di MATER-BI®, bioplastica biodegradabile e compostabile.

L'acido polilattico (PLA)
E’ una plastica biodegradabile trasparente prodotta da zucchero di canna o da glucosio. Esso non solo assomiglia alla plastica tradizionale nelle relative caratteristiche, ma può anche essere processato facilmente sulle apparecchiature standard già predisposte per la plastica più comune. NatureWorks (USA) è il principale produttore di PLA.
Un esempio di bioplastica non-biodegradabile è la poliammide 11, prodotta a partire da olio naturale. Essa è anche conosciuta con il nome commerciale di Rilsan B, commercializzata da Arkema (USA). E’ utilizzata per applicazioni ad alte prestazioni come linee di carburante per autotrazione, freni ad aria compressa, guaine per cavi elettrici anti-termiti, tubi flessibili per olio e gas, scarpe da ginnastica, componenti di dispositivi elettronici..

Il Mais come materia prima del futuro
Il P.L.A. di Ingeo è un rivoluzionario polimero brevettato, biodegradabile e compostabile secondo la norma UNI EN 13432, derivante anch’esso dall’amido di mais. E’ prodotto dalla multinazionale statunitense NatureWorks. Differenti punti di forza, quali l’ecosostenibilità, la versatilità e la competitività del rapporto qualità/prezzo hanno portato Coop, Fonti di Vinadio (acqua Sant’Anna), Nadia Fassi e Gattinoni tra i tanti a farne largo uso nei propri settori di produzione, le bioplastiche e i biotessuti. Resiste ad una temperatura massima di 55°C e per questo motivo è particolarmente consigliato per le bevande fredde. E’ perfettamente trasparente e viene utilizzato per la produzione di bicchieri con caratteristiche estetiche e meccaniche simili al polistirolo.